Epilogo stagionale. La cronaca della finale

È finita. È finita una stagione lunghissima. È finita senza l’epilogo che, ormai, al PalaCus si cominciava ad assaporare, a bramare fortemente. È finita la torta, senza la classica ciliegina da apporre al vertice. Ma di ciliegine quest’anno la Chimica D’Agostino Cus Bari ne ha prodotte parecchie. L’epilogo sfortunato di gara 5, con la vittoria della Libertas Foggia nello spareggio per la promozione in B2, non deve far dimenticare quale tipo di campionato i baresi abbiano affrontato da febbraio a questa parte. Una rincorsa a perdifiato, dopo il crollo verticale a cavallo tra i due gironi. Da una zona play out quasi irrimediabile, ad un sesto posto conquistato con 11 vittorie (9 consecutive) su 15 gare del ritorno. Nessuno come i cussini. E anche nella post-season, è sempre stata una corsa controvento. Il fattore campo costantemente a sfavore, il passaggio del turno da conquistare sul difficile parquet di Ceglie. E poi il pass per la finale, strappato in due gare ad Alba. Quindi la serie ‘pazza’ con la Libertas. Un’altalena di emozioni improponibile a deboli di cuore.
È mancato solo l’ultimo tassello di un mosaico davvero complicato. L’ultimo pezzo di un puzzle rimasto incompleto. Non sono mancate, però, le soddisfazioni. In particolare, per aver visto un gruppo cementarsi nelle difficoltà e crescere a dismisura, sino a mettere sotto tutte le super-favorite del girone G. San Severo, Martina, Alba Adriatica, Ceglie, Melfi sono state tutte costrette a cedere il passo ai baresi. Un rullo compressore, una macchina da vittorie. Una squadra giovane, forse con l’età media tra le più basse di tutto il raggruppamento e, per giunta, fortemente autoctona (7 baresi su 10, con il brindisino Sardano, il ‘barese ad honorem’ Conti e Dragojevic a far la parte degli ‘stranieri’). E questa rinascita cussina non è passata certo inosservata. Gradualmente è cresciuta anche l’attenzione dell’esterno. Le presenze al PalaCus si sono moltiplicate. Il palazzetto è tornato a riempirsi e a colorarsi come non succedeva quasi da un lustro. Finalmente anche il Cus ha ritrovato un fattore campo. Un fattore campo composto perlopiù da donne e ragazzi, perché il tifo becero non è ammesso. E anche veder riempirsi, nel giro di pochi giorni, due pullman, per seguire l’ultimo atto della stagione, ha regalato buone sensazioni. Una scossa d’energia ad una città troppo spesso pigra e sonnacchiosa.
Per questo e per tanti altri motivi la Chimica D’Agostino Cus Bari ha vinto. Non è arrivato l’atteso verdetto del campo, ma ha vinto. Ha vinto la scommessa di far saltare il banco, pur partendo con un handicap (in classifica) molto pesante. Ha vinto raggiungendo la finale, nonostante il sesto posto. Ha vinto puntando con decisione su tre ragazzi under 22 (Cancellieri e Grimaldi classe ’86 e Perrucci ’89), chiamati a giocare da titolari aggiunti. Ha vinto scegliendo una squadra composta da Uomini. Ha vinto riuscendo a non perdere di vista il settore giovanile (under 19 finalista all’interzona di Termoli, Legend Cus Bari salva in serie D, con una squadra infarcita di under 19 e 17). Ha vinto costringendo i baresi a tornare a riempire il palazzetto, anche solo per tifare gli avversari.
Inevitabili, dunque, i ringraziamenti. Alla squadra, per essere stata protagonista di una grande stagione, regalando una finale al Centro Universitario Sportivo, dopo quasi 10 anni dall’ultima volta. Da Pasquale Scoccimarro, capitano di mille battaglie, costretto – nelle ultime due gare – a sdoppiarsi anche nel ruolo di allenatore; a Luca Ciocca, colui che incarna forse meglio di tutti lo spirito cussino. Da Francesco Conti, barese d’adozione, professionista encomiabile, costretto a stringere i denti (causa fastidioso infortunio) per larghi tratti della stagione; a Giovanni Sardano, per la sua capacità d’inserirsi in corsa e il contributo offerto alla composizione di un gran gruppo. Da Andrea Bruni, ‘recuperato’ dopo anni di C2 e quanto mai decisivo in più di un’occasione; a Zlatko Dragojevic, bravo a superare i momenti di difficoltà, rendendosi utile in quelli decisivi. Sino ai giovani-già-grandi Grimaldi e Cancellieri, protagonisti di un’ottima stagione e Alberto Perrucci, play-guardia talentuoso e con un gran futuro davanti a sé. Menzione d’obbligo, infine, anche per Gennaro De Feo, prodotto cussino e sicuro talento, protagonista quest’anno di tutte le grandi imprese societarie (dal titolo under 19, alla salvezza in serie D, sino alla finale con la C1).
Ringraziamenti, infine, anche a staff tecnico (dal capo-allenatore Bray, al vice Cafaro, al preparatore atletico Lorusso), medico (il dottor Simone e il fisioterapista Monno) e dirigenziale (presidente onorario Loiacono, presidente Corsi, patron Scalera, tesoriere Bianchini, ds Ravelli e i dirigenti Serrano, Marchese, Salluce, Giacomelli) per il gran lavoro svolto e la capacità di tenere unito il gruppo e non perdersi mai d’animo, anche nei momenti difficili.